Regolatori della patologia tau nella malattia di Alzheimer
ROBERTO COLONNA
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 11 aprile 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste
e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
La nostra società scientifica, fin dalla sua fondazione, segue con attenzione
costante i risultati della ricerca sulla malattia di Alzheimer[1], dalla concezione patologica basata
sulla dicotomia fra processi dipendenti dai peptidi β-amiloidi (βA) e
degenerazione della proteina tau, che imperava al Congresso Mondiale del 2000,
alla scoperta degli eventi molecolari che legano l’amiloide extracellulare all’iperfosforilazione
della tau, alle prove a supporto della tesi sostenuta dal nostro presidente e
da molti membri della nostra scuola neuroscientifica, secondo cui l’etichetta
di malattia di Alzheimer è correntemente applicata a entità patologiche
differenti accomunate da aspetti istopatologici, neurodegenerativi e clinici,
ma distinguibili per eziologia, decorso e vari altri elementi.
Le previsioni più pessimistiche degli epidemiologi dello scorso decennio sull’incremento
del numero di casi si sono avverate e, nonostante si sia accumulato un
ponderoso materiale documentario sui processi della patologia neurodegenerativa
e sulla genetica delle forme familiari, nessun trattamento approvato dalla FDA è
in grado di modificare la progressione della malattia, arrestandola
temporaneamente o definitivamente. Tutte le terapie fin qui adottate, anche le
più promettenti, non sono andate oltre un’azione palliativa e un miglioramento
temporalmente circoscritto delle prestazioni cognitive e delle sensazioni
soggettive, legato in molti casi ad un effetto psicologico in gran parte di
tipo “placebo”. Per questo, la ricerca sui meccanismi molecolari deve procedere
cercando anche di comprendere perché tante terapie precliniche risultano molto efficaci
nel bloccare la patogenesi nei modelli sperimentali[2] e risultano deludenti nell’impiego
clinico.
Se rimane lo stesso il punto di partenza, ossia l’indagine sulle placche
amiloidi e sulla degenerazione neurofibrillare, ossia i due contrassegni
descritti dallo stesso Alois Alzheimer nella pubblicazione del 1907, le direzioni
che ha preso la ricerca e la messe di dati raccolti in questi anni son tali da
non consentire di sintetizzare lo stato delle conoscenze in poche righe.
Rinviando alle nostre precedenti note e alle trattazioni specialistiche per un’introduzione,
qui ricordiamo solo che un nodo non ancora sciolto del tutto riguarda il
rapporto fra la sequenza di eventi innescata dai peptidi βA e lo sviluppo
delle forme patologiche della tau che, attraverso i filamenti appaiati a elica,
portano alla formazione dei glomeruli (tangles) di aggregati
neurofibrillari.
Rik van der Kant, con Lawrence Goldstein e Rik Ossenkoppele, ha analizzato i
maggiori studi pubblicati di recente in questo campo e ha fatto il punto delle
conoscenze sui regolatori della patologia tau indipendenti dalla β-amiloide.
(Rik van der Kant et al.,
Amyloid-β-independent Regulators of Tau Pathology in Alzheimer’s Disease.
Nature Reviews Neuroscience 21, 21-35,
2020).
La provenienza degli autori è la
seguente: Center for Integrative Neuroscience, University of California at San
Francisco (UCSF), San Francisco, California (USA); Department of Neurological
Surgery, University of California at San Francisco (UCSF), San Francisco, California
(USA).
Studi genetici, istopatologici su campioni cerebrali post-mortem e
di neuroimmagine su pazienti affetti da forme diverse di malattia di Alzheimer
hanno dimostrato che la deposizione del materiale amiloide che costituisce le
placche precede la patologia intraneuronica della tau nei neuroni della
corteccia cerebrale. Poiché la maggior parte dei ricercatori ha condiviso la tesi
di Dennis Selkoe, secondo cui l’accumulo di peptidi βA (di 42 aa.) è il primum
movens che induce sia la patologia tau sia la neurodegenerazione mediata
dalla tau nella malattia di Alzheimer, la ricerca farmacoterapeutica è stata
principalmente rivolta ai mezzi in grado di inibire la formazione e consentire la
rimozione dell’amiloide dal cervello. Ma numerosi studi recenti, e alcuni studi
meno recenti ma trascurati, hanno evidenziato in modo a volte sorprendentemente
evidente, in modelli sperimentali murini e in modelli ricavati da cellule
staminali-indotte ottenute da ammalati di Alzheimer, che la patologia tau può
progredire indipendentemente dalla β-amiloide e si sviluppa a valle di vie
metaboliche aberranti e di fattori genetici di rischio per la malattia di
Alzheimer.
La revisione degli studi condotta da
van der Kant, Goldstein e Ossenkoppele ha riconosciuto nuove nozioni emerse
dalla ricerca preclinica, che hanno consentito di identificare i seguenti regolatori
della patologia tau indipendenti dalla β-amiloide: 1) apolipoproteina
E, 2) sistema endocitico, 3) metabolismo del colesterolo, 4) attivazione
microgliale.
Il modo in cui questi fattori di
regolazione indipendente operano nella realtà e l’eventuale peso nello sviluppo
del danno sono stati discussi nel contesto delle più recenti evidenze emergenti
dalla patologia clinica, dal neuroimaging funzionale e altri approcci
diagnostici.
Interessante da leggere la
discussione sulle implicazioni di queste nuove conoscenze per le correnti strategie
terapeutiche mirate agli eventi molecolari innescati dai peptidi βA,
soprattutto in quanto l’adozione dei nuovi criteri consente di agire su processi
a monte delle alterazioni amiloidi e della proteina tau.
L’autore della
nota ringrazia
la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Roberto Colonna
BM&L-11 aprile 2020
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La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla
International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle
Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale
94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.
[1] Si veda nella sezione IN CORSO: La
malattia di Alzheimer – un’introduzione; nella sezione AGGIORNAMENTI: La Malattia di Alzheimer (click su “Scheda Introduttiva”), con uno stato dell’arte al 2006 dei
meccanismi molecolari, purtroppo ancora quasi esaustivo e attuale 14 anni dopo.
Numerosissime recensioni di interessanti studi originali nelle NOTE E NOTIZIE
dal 2003 a oggi.
[2] Si può ipotizzare che la patogenesi
riprodotta dai modelli murini di malattia di Alzheimer in realtà non sia che fisiopatologia
priva dell’elemento determinante che lega l’eziologia alla patogenesi nella
malattia umana.